E’ il 15 agosto del 1940 e la quiete immobile del castello ai piedi dei Carpazi in cui vive l’anziano generale Henrik viene interrotta dall’inaspettato arrivo di una lettera. E’ l’amico d’infanzia, Konrad, che gli annuncia la sua visita. Sono più di quarant’anni che i due non si incontrano, perché le loro vite sono rimaste inchiodate a quell’alba del 1899, quando, durante una battuta di caccia, un episodio ha cambiato per sempre le loro esistenze. In quel lontano giorno, un attimo, dilatato dalla paura e da un’improvvisa presa di coscienza, ha spalancato un baratro di incomprensioni e domande senza risposte tra i due. E ora il passato chiede il conto, e lo fa esigendo un carico di dolore che il protagonista ha sempre saputo di dover tributare, prima che la sua vita finisse.
Rimasti prigionieri di quell’episodio che ha segnato una cesura nelle loro esistenze, ora i due, fragili, vecchi e soli, stanno per incontrarsi nel momento culminante verso il quale converge il fine ultimo dei loro giorni.
La penna di Sándor Márai, con la consueta eleganza, conduce il lettore in un percorso di svelamento progressivo, dove la nebbia dei ricordi lontani lentamente si dissolve, lasciando intravedere due universi distanti, quello ordinato della Vienna novecentesca e quello opposto ed esotico dei Tropici. Ma a un tratto le distanze si annullano e confluiscono verso quell’incontro che il lettore anela dalle prime pagine, affinché tutto sia svelato e ogni tassello trovi la giusta collocazione nel mosaico della narrazione.
La tensione sale, sapientemente indirizzata dalla magistrale prosa di Márai, fino all’atteso incontro, che avrà il potere di esorcizzare quel segreto che li ha bruciati lentamente per anni.
Un romanzo che, pur nella sua brevità, si rivela maestoso, una storia sul tempo che brucia e consuma come una candela, ma che non rimuove i ricordi. Un romanzo sull’orgoglio che alimenta il livore e che tiene in vita antiche memorie che, come le braci una volta che il fuoco è spento, continuano a conservare il calore delle fiamme. Le passioni e i sentimenti sono ormai sopiti, ma l’odio e il risentimento che li hanno alimentati per anni sono diventati essi stessi sentimenti, foraggiati da una devozione che ricorda quella dei fedeli che omaggiano i sepolcri vuoti dei santi.
Un libro che, a ragione, è entrato a far parte dei grandi classici di sempre, mantenendo inalterata la sua attualità e immutati i suoi motivi di interesse.
Personalmente una delle mie letture preferite, nella quale lo scrittore ungherese si conferma sublime, in grado di dar vita a una narrazione sontuosa sul tempo, sull’attesa, sull’amicizia, sul tradimento, sulla solitudine e sulla morte. E, in fondo, sulle mille forme che può assumere la verità, diventando, inaspettatamente, ineffabile.
IL VINO
Una lettura da assaporare bevendo un bicchiere di Tokaji Aszú, grande vino ungherese ottenuto con un lungo procedimento di appassimento delle uve, che rimanda all’attesa, vera protagonista del romanzo.
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