Emozione pura questo libro che descrive una pagina spesso dimenticata della nostra storia recente, fatta di miseria e di solidarietà, di dolore e di riscatto. Il treno dei bambini era quello che conduceva i minori delle famiglie povere del Sud presso famiglie agiate dell’Emilia-Romagna che li accoglievano per un periodo di tempo, dando loro quello che non avevano in casa: cibo, abiti, scarpe e, nel caso di Amerigo, il bambino di sette anni protagonista del romanzo, una camera tutta per sé.
La sua voce narrante ci porta per mano dalla durezza del suo mondo, fatto di lavori improvvisati, dicerie e povertà, a quello del “Settentrione”, che si manifesta ai suoi occhi con le carezze che non hai mai ricevuto dalla madre Antonietta e con una patina bianca che ammanta le strade e che sembra ricotta.
Dilaniato tra la volontà di non dimenticare le sue radici e l’amore per la nuova famiglia, Amerigo si sentirà spezzato in due, desideroso di seguire il suo sogno di diventare musicista e, al tempo stesso, preoccupato di dispiacere alla madre che non ha mai conosciuto il lusso di sognare.
Spetterà all’Amerigo adulto, cresciuto nel dolore della separazione, sanare questo dissidio, scoprendo il segreto delle sue origini e assolvendo il suo passato.
Una storia toccante, straordinaria, che non diventa mai banale e mai forzata, grazie a una penna felice che si fa stupore e meraviglia quando gli occhi di Amerigo diventano gli occhi di tutti.