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  • Writer's pictureMichela Bilotta

Un dolore che vorresti non finisse mai

Updated: Sep 17

Un libro maestoso, struggente, doloroso, divertente, esilarante. In grado di coniugare commedia e tragedia come solo le grandi penne sanno fare. E grazie ad Antonio Franchini finalmente possiamo leggere di letteratura con la stessa leggerezza dedicata all'intrattenimento.

 

Una scrittura che esamina, senza indulgenza alcuna, il suo rapporto con la madre, Angela, una figura scomoda e respingente che ci viene presentata sin dalle prime righe - irriverenti, crudeli - spietate, senza alcun filtro. Nella figura di Angela sembra prendere corpo l’insieme dei mali e dei problemi dell’Italia tutta, partendo da quel Sud che è bianco e nero, alfa e omega, contrasti che non trovano mai una sintesi.

Franchini riesce nel non facile compito di raccontare la madre come un personaggio letterario, prendendo le necessarie distanze emotive dalla sua figura e narrandola nella sua cruda umanità, con il suo carattere dispotico, a causa del quale il rapporto instaurato con i figli esula da qualsiasi forma di rispetto. E tuttavia Angela, prima che la fase finale della sua vita la inchiodi nell’angolo della degradazione e della degenerazione, è anche un personaggio divertente nella sua eccentricità e nella sua cieca volontà di esprimere sempre quello che pensa. E quello che pensa è sempre irriverente, sfacciato, insolente. E’ un pensiero che trabocca di razzismo, giudizi sferzanti, astio, populismo e qualunquismo.

 

Il fuoco che Angela si porta dentro è una forma di rabbia e di desiderio di contrapporsi al mondo intero, un senso di inferiorità che genera un’indomita aggressività.

Eppure, verso Angela non si può non provare, se non amore, almeno un sentimento di profonda empatia e commozione. Come quella che si prova per una belva rinchiusa in uno zoo che, pur non avendone la necessità, continua a ringhiare verso un nemico immaginario, marcando un territorio che, di fatto, non le appartiene più.

Un memoir a tratti spietato, che non ha la pretesa di esorcizzare il passato, né tanto meno quella di ricucire la propria esistenza attraverso l’ordito dei traumi subiti.

 

Franchini riesce a raccontare come pochi quel Sud che è spesso dimensione dell'anima più che luogo geografico, e che genera quell'aggressivo senso di inferiorità che si fa inutile lotta e rivendicazione. E se nella figura così unica di Angela riusciamo a ravvisare i tratti comuni di una provenienza, le voci e gli odori dell'infanzia, le inspiegabili contraddizioni di una terra che si ama e si odia con la stessa intensità, Antonio Franchini ha reso giustizia alla figura materna molto più che se l'avesse innalzata a simbolo universale di amore primordiale. Ad Angela non sarebbe piaciuto.

 

IL VINO

Il vino da abbinare a questa lettura è il Falanghina dei Campi Flegrei, un vino originato da terreni vulcanici, che ricorda il fermento e l'ardore dell'esplosiva protagonista.



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